La maternità è una fase critica della vita di una donna, che si trova “in bilico” fra il desiderio di dare la vita, di donare e la paura di essere privati di uno spazio proprio fisico e mentale, il timore di annientarsi.
Molte donne si trovano a vivere l’evento della maternità in maniera ambivalente e per questo, non di rado, sviluppano un senso di vergogna e colpa per il proprio vissuto.
Fondamentale che in questa fase la donna trovi ascolto ed occasione di confronto con altre donne che stanno vivendo la sua stessa esperienza, affinchè possa smettere di pensare di essere sbagliata!
Franceska Valencak, psicologa psicoterapeuta che da anni si occupa di clinica della maternità rivolta alle problematiche perinatali in ambito ospedaliero, presso l’ospedale materno infantile Burlo Garofalo di Trieste, dice che perchè una donna diventi madre deve morire simbolicamente come figlia e farsi donatrice di vita.
IL CONFRONTO CON LA PROPRIA MADRE
Durante la maternità la donna in attesa si trova a doversi confrontare faccia a faccia con la propria madre, anche a costo di uno scontro e anche questo aspetto non è da sottovalutare, perché carico di vissuti emotivi spesso difficili da gestire.
“L’impossibilità da parte di una figlia di fare lutto della potenza fallica materna la porta a sostare in una posizione sacrificale o inconsciamente ostile rispetto alla madre, impedendole di assumere appieno la propria maternità o, nei casi più estremi un corpo di donna, in grado di generare a sua volta”.
E LA CHIAMANO DOLCE ATTESA!
La maternità, spesso in sé ha ben poco di idilliaco o per lo meno non è sempre dolce l’attesa!
Tante le ansie, le paure e le angosce che abitano la mente ed il cuore delle future mamma che si chiedono: “sarò una buona madre? Sarà in buona salute? Riuscirò a prendermi cura del mio bambino? Riuscirò ad amarlo? Sarò alla sua altezza? E lui, sarà all’altezza delle mie aspettative?”.
Se questi fantasmi non vengono condivisi, detti, ascoltati, rischiano di creare un senso di solitudine e di inadeguatezza che si rifletterà anche nella relazione con il proprio bambino.
Certo la maternità è un’esperienza unica per ogni donna, è vero, è dal tempo dei tempi che le donne mettono al mondo figli, ma nel frattempo la nostra società è cambiata.
In un’altra epoca c’era una condivisione collettiva dell’evento che attirava a se le altre donne della famiglia, le nonne, le sorelle, le balie che oltre ad aiutare la donna nell’accudimento del nascituro, avevano un’attenzione particolare per la neo mamma, che difficilmente si sentiva sola.
Oggi invece la nascita è sempre più un fatto privato che rischia di dare per scontato che sia tutto naturale per una donna, in parte lo è, ma non dimentichiamoci che ogni nascita è un incontro fra due esseri che devono imparare a conoscersi e ad accettarsi reciprocamente e che la cosa non è sempre semplice ed automatica.
IL BAMBINO IDEALE ED IL BAMBINO REALE
Nei nove mesi, nella donna si crea uno spazio mentale nel quale accogliere il bimbo in arrivo, un bimbo immaginato, sognato.
Prima di venire al mondo il bambino “è la conseguenza imprevedibile del posto che ha nel desiderio dei suoi genitori, nasce quindi con un bagaglio che comprende tutte le proiezioni di significati simbolici, di avvenimenti biografici dei genitori”.
Quel bambino, dovrà “fare i conti”, quando verrà al mondo, con il suo essere reale ed altro dal bambino idealizzato dalla madre.
E LA COPPIA?
Anche la coppia nei nove mesi va incontro ad una trasformazione e si passa da coppia coniugale a coppia genitoriale: ecco che nella coppia si inserisce un terzo elemento che trova spazio nella mente di ciascun futuro genitore.
In questo spazio l’arrivo del figlio attiva il fantasma della minaccia dell’esclusione ed il nuovo nato può essere vissuto come un rivale.
Non dimentichiamoci poi che il bimbo atteso è anche parte del nostro partner e non di rado su di lui vengono riversati i sentimenti di odio e amore che si provano per l’altro.
L’IMPORTANZA DELL’ASCOLTO
In questa fase della vita di una donna è importante che la futura mamma trovi, se ne sente il bisogno, uno spazio di ascolto e di confronto con altre donne in cui possa affiorare la sua soggettività, il senso che ha per lei l’incontro con la maternità, il suo mondo psichico, fatto di gioie e paure, luci ed ombre, perché come dice Massimo Recalcati “senza la fecondazione della parola anche gli strumenti della scienza e della tecnica rischiano di essere ciechi”.
Bibliografia:
Francesca Valencak Il divenire Madre L’inatteso e il vissuto Asterios Editore, 2016.